Pensieri - Parte1


Due e trenta di notte. Tutto fermo. Tutto sordo. Non passa più nemmeno una macchina, Fuori il freddo inverno si sta insinuando sotto ai giacconi dei metronotte, lasciati soli là fuori, guardati dalle finestre buie di case piene di comignoli sbruffanti. L'insonnia mi assale in queste notti disperate, solitudine notturna e spietata devozione ad un restare sveglio che mi costringe a fare qualcosa per non annoiarmi, ciò non mi farà mai dormire. Sento sul mio corpo un pervadere di stanchezza che si abbandona all'intensa attività celebrale, infaticabile lavoratrice, stanca, ma operosa senza motivo. Schiavo di una mente malata e ciclica che mi costringe a gettare le ore di sonno accumulate in questi giorni. Abitudine ad una vita notturna. Schiavo dell'insonnia. La cosa bella è che lottare mi sembra superfluo quando l'unica cosa da fare, ossimoro della lotta peraltro, tranne che per un certo indiano che così ci ha vinto una guerra, è restare fermo e cercare di non fare niente. Se fai qualcosa sei finito. Io sono finito. Perchè restare fermo ad aspettare che prima o poi qualcosa succederà è una dote, che non nascondo certamente, ma farlo in silenzio senza fare niente, questo è troppo signori. E penso sia troppo per chiunque! Chi vorrebbe starsene fermo ad aspettare senza pensare? Come si fa a non pensare? Infatti eccoli, sono proprio loro, i pensieri che iniziano a diffondersi a macchia d'olio nella mente del povero malcapitato, io, provocando un'intensa attività celebrale che consuma le energie e non si avvicina nemmeno lontanamente a quella sensazione di calma sensoriale e pace infinita: il sonno. Il sonno che può essere certo agitato, ma una volta che uno dorme, beh il gioco è fatto. E allora che farne dei pensieri, una volta arrivati quelli mica se ne vanno così facilmente! E sperate che non siano brutti senno son grane, perchè prendono le depressioni in questo modo, alla fine anche il pensiero più bello viene abbattuto da uno brutto, è così, è sempre stato così, almeno a quello che mi ricordo io. Ci hanno scritto anche romanzi sopra. Ma dalla mia insonnia non ho mai ricavato niente che sia sopravvissuto alla mattina successiva, mai. Ogni volta finivo per addormentarmi al sorgere del sole, quando la vita inizia a girare e senti i primi movimenti convulsi delle persone per strada, primi clacson, i primi caffè iniziano a pervadere l'aria. Che cosa ne posso ricavare, solamente che la mia cara nottata sveglio mi aveva condotto ad una stanchezza immane, da recuperare nella mattina successiva. Potrei scrivere paginate di roba sull'insonnia ma finirei per annoiarvi, cioè annoiare me stesso, con i soliti inutili pensieri è quindi per questo che ho deciso di raccontare una storia.
Poco tempo fa ho ritrovato un vecchio foglio, un manoscritto lo avrebbe chiamato qualcuno nel 1800, scritto da un anziano fotografo, nel quale si parlava con un codice strano. La mia curiosità in campo investigativo mi ha spinto ad approfondire la faccenda, non avrò mica letto Conan Doyle e Agatha Christie per perdere tempo, e quindi a fare una piccola ricerca su internet. Il fogliaccio riportava le seguenti parole:
“#sin#ram#gat”

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